Milan, fine di un'era. Ora ricostruzione

L'ultima parola, come sempre, sarà la sua; Silvio Berlusconi ancora non ha deciso definitivamente se cominciare le trattative con il gruppo cinese, per motivi sia affettivi, sia mediatici(non vuole lasciare da perdente). La cessione, però, appare sempre più evidente e necessaria per un rilancio del Milan. In 30 anni di presidenza Berlusconi, il calcio è cambiato e i rossoneri hanno avuto parte attiva in questo processo rivoluzionario con straordinari giocolieri stanieri(Van Basten, Savicevic e Kakà), carismatici campioni italiani(Baresi, Maldini e Costacurta) e visionari allenatori(Sacchi).
 Al momento attuale però è indispensabile avere alle spalle una società seria, presente e strutturata: tutte qualità che la dirigenza non ha avuto negli ultimi anni, affidata solo ad alcune uscite fuori luogo del presidente e proclami mal riusciti. Se quindi il passaggio di proprietà del club è il primo passo, la strada per tornare ad essere competitivi in Italia e in Europa è lunga. Il Milan è come una grande, vecchia e debole quercia che fa ombra col proprio nome e non con le sue fronde. 
Bisogna ripartire da zero, per l' ennesima volta, ma con una seria programmazione, fatta anche di scelte dolorose. Via Galliani, ormai fermo ad operazioni con giocatori svincolati o con procuratori e presidenti amici, e dentro un direttore sportivo preparato e con una grande conoscenza di tutte le categorie. Poi puntare sui giovani, italiani possibilmente, dal serbatoio della primavera per creare uno zoccolo duro su cui innestare campioni anno dopo anno. Infine un allenatore dalla forte personalità che dia gioco e carattere alla squadra e soprattutto che sia protetto dalla società. Il Milan non deve affrettare i tempi: non sarà in lotta per lo scudetto l'anno prossimo e neanche quello dopo; ma bisogna ricostruire e ci vuole del tempo. Altrimenti si rischia di rovinare tutto e perdere altro tempo, ancora.

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