Toni, il numero uno dei numeri nove

"L'unico modo per smettere era quello di avere una grande delusione", così Luca Toni ha giustificato il suo addio al mondo del calcio, giocato, in settimana.

 Forse si è ritirato con un anno di ritardo potrà dire qualche maligno, pensando che la scorsa stagione, a 38 anni, ha vinto la classifica cannonieri; ma nulla avrebbe potuto staccarlo dallo sport che ama e per il quale ha combattuto fino a ieri, soprattutto dopo quella che è stata, parole sue, "la più grande soddisfazione personale della carriera". E questo ci racconta bene il calciatore e l'uomo, sempre affamato di successi e con la voglia di giocare e la consapevolezza di avere poco tempo, arrivato tardi nel calcio che conta. Gli esordi in serie A con Vicenza e Brescia sono sfortunati per la squadra e anche per lui che si infortuna qualche volta di troppo. Il rilancio, in grande stile avviene in serie B, con la maglia del Palermo. Trascina i siciliani alla promozione prima, con 30 gol, e l'anno successivo in Europa con 20 gol in serie A. 

La carriera decolla a quel punto: arriva la Fiorentina dove si consacrerà definitivamente nella stagione 2005/2006 (uno dei pochissimi a superare quota 30 gol in campionato). La chiamata della nazionale è scontata: al mondiale del 2006 è il centravanti titolare; segna 2 gol ai quarti contro l'Ucraina ed è un perno fondamentale del gioco di Lippi, vincendo da protagonista la coppa. Dopo un'altra stagione ai viola tornerà proprio in terra tedesca dove a suon di gol si farà amare anche nella terra dello sturm und drang. Impeto e tempesta, questo è Luca Toni, non è un attaccante moderno, ma un centravanti eterno, che non passa mai di moda. Grande forza, colpo di testa potente e ottimo tiro; anche la diceria sulla sua scarsa tecnica è infondata: non sarà forse elegantissimo, ma sopperisce a ciò con un'intelligenza e una visione di gioco acuta. E poi, la cosa che più conta, quando c'è stato da segnare, non si è mai tirato indietro. Il lungo peregrinare lo ha portato a vestire le maglie della Roma(con cui sfiorò un clamoroso scudetto), Genoa, Juve, un breve passaggio nell'Al-Nasr, prima di tornare in Italia, ancora alla Fiorentina e poi al Verona. Dove ha realmente trovato un seconda giovinezza. 42 gol nei primi due anni, titolo di capocannoniere e Hellas portato alla salvezza e a sfiorare qualcosa di più praticamente da solo.
Poi diversi stopmuscolari, una stagione naufragata rapidamente, dissidi con Del Neri e la decisione del ritiro. Ma ancora ieri, nell'ultima partita, ci ha dimostrato perché Luca Toni è stato un campione amato da tutti e che ci mancherà moltissimo. Rigore, va sul dischetto, e realizza con lo scavetto, gesto rischioso e non nelle sue abitudini. E dopo, sotto la sua curva, la testa che dondola, il sorriso che si apre la mano che vorticosamente ruota attorno all'orecchio, come sempre, ma per l'ultima volta. La gioia, ancora, di replicare la sua esultanza, gesto che, al pari della linguaccia di Del Piero o del ciuccio di Totti, è quasi uno sberleffo al tempo e a chi non capisce che questo è il segreto del loro successo, ultimi residui di un calcio spensierato che sta scomparendo. 

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