Il dramma satiresco di Donnarumma

Si alzi il sipario. Lo scenario è una Milano calcistica in decadenza, ma che sogna di tornare ai fasti del passato attraverso nuove proprietà e nuovi padroni. I protagonisti sono un giovane portiere di belle speranze e pronto a giurare fedeltà alla sua ninfa, un po' meno romantica e ammaliante, ma che conserva ancora il suo fascino passato, e il suo procuratore scaltro e ambiguo che fa bene il suo controverso lavoro.

L'intreccio è molto semplice: il portiere, Donnarumma, cresciuto amorevolmente dal Milan si trova a essere il diamante grezzo su cui costruire le prossime fortune rossonere. Con eroico stoicismo l'estremo difensore accetta su di sé il carico di oneri e onori che ciò comporta. Ma ecco arrivare la lunga ombra, o meglio la longa manus, del suo procuratore, Mino Raiola, specializzato il repentini spostamenti e in trasferimenti con record di zeri. I problemi sul rinnovo di contratto(in scadenza nel 2018) si acuiscono fino ad arrivare a una rottura definitiva. Di qui poi parte una messe di tentativi da una parte e dall'altra per tentare di riavvicinarsi o per ritrarsi alteri e sdegnosi. Buon ultima, la bagarre tra Twitter e Instagram terminata soltanto nella notte fonda di domenica con Donnarumma che prima giura fedeltà al suo mercante e poi prova a riaprire al suo Milan: ma, attenzione, il messaggio su Instagram è frutto di indomiti hacker che, penetrando nei recessi informatici(e della psiche?) del nostro protagonista principe, hanno creato scompiglio e giubilo tra i tifosi rossoneri. Marcia indietro su tutto, quindi; ma con il sospetto che sia stato proprio Raiola a chiedere al suo assistito di togliere il post.
C'è tutto per essere definito un dramma satiresco. Il versante tragico che si risolve immediatamente nel comico, fino a punte di ridicolo e soprattutto un curioso rivolgimento delle parti: così il portiere diventa promesso sposo del suo procuratore (con il benestare della famiglia) e non del Milan, così il carnefice diventa vittima, oppressore e addirittura minacciato; e c'è anche un rivolgimento dei valori. Quelli dei tifosi, ovviamente, che al primo posto mettono, senza fare retorica inutile, l'amore per la maglia alla quale però sempre più spesso viene preposto il dio denaro, ormai sempre più un fine piuttosto che un mezzo in questo calcio moderno. Un vero e proprio dramma satiresco, con i social che fungono da cassa di risonanza amplificando e rendendo il tutto più grottesco. I social che sono, come per l'eroe tragico Orfeo, la cetra con cui ammaliare il pubblico e al tempo stesso le unghie che, come le baccanti, dilaniano lo stesso Orfeo(fuor di metafora, l'immagine di Donnarumma, con striscioni veri e banconote finte) che "l'amor nostro disprezza". Ma se nel Rinascimento, quando questi teatrini venivano allestiti, si rideva di ciò per ridere del reale, ora quando il sipario si abbasserà, gli attori terranno tutti le loro maschere: togliersele renderebbe la realtà molto, ma molto, più squallida.

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